venerdì 11 settembre 2015

San Cirillo di Gerusalemme, E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire (XXIV Domenica Tempo Ordinario B)

XXIV Domenica Tempo Ordinario B

E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire
Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 13, 3-4 

Non dobbiamo vergognarci della croce del Salvatore, ma anzi gloriarcene. Perché se è vero che la parola della croce è « scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 18.23), per noi è fonte di salvezza. Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi che siamo stati salvati è fortezza di Dio. Infatti non era un semplice uomo colui che diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio fatto uomo. Se una volta quell’agnello, immolato secondo la prescrizione di Mosè, teneva lontano l’angelo sterminatore, non dovrebbe avere maggior efficacia per liberaci dai peccati « l’Agnello che toglie il peccato del mondo » (Gv 1, 29) ?
Sì, Gesù ha veramente sofferto per tutti gli uomini. La croce non era un simulacro. Altrimenti anche la redenzione sarebbe stato un simulacro. La morte non era un’illusione; la Passione fu reale. Cristo è stato veramente crocifisso; non dobbiamo vergognarcene. È stato crocifisso; non dobbiamo negarlo. Anzi, lo dico con fierezza… Riconosco la croce perché ho conosciuto la risurrezione. Se il crocifisso fosse rimasto nella morte, forse non avrei riconosciuto la croce e l’avrei nascosta, come pure avrei nascosto il mio Maestro. Invece la risurrezione ha fatto seguito alla croce, e non mi vergogno di parlare di essa.

Dobbiamo dunque gloriarci piuttosto che vergognarci della  croce del Salvatore, perché parlare di croce è scandalo per i giudei e pazzia per i greci, ma per noi è annunzio di salvezza. La croce, follia per quanti vanno alla perdizione, per noi che da essa abbiamo la salvezza è potenza di Dio, in quanto come detto chi su di essa morì era il Figlio di Dio, Dio fatto uomo e non un semplice uomo. Se ai tempi di Mosè un agnello poté allontanare l’angelo sterminatore, logicamente e molto più efficacemente l’Agnello di Dio poté addossarsi i peccati del mondo per liberarlo dalle sue colpe. Se poté il sangue d’un ovino senza ragione diventare un’efficace salvaguardia, non poté e non dové con maggiore efficacia procurarci salvezza il sangue dell’Unigenito? Chi non crede che il Crocifisso ne abbia avuto il potere, lo chieda ai demoni che ne sanno qualcosa; se non crede alle parole, creda all’evidenza dei fatti: ai demoni non ha incusso paura nessun altro fra i tanti che sono stati crocifissi sulla terra: il Cristo, crocifisso per noi, terrorizza i demoni con il solo segno della sua croce, per il fatto stesso di essere morto in croce non come gli altri giustiziati perché colpevoli, ma per le colpe altrui. Sta scritto: «Egli non fece peccato, né fu trovato inganno nella sua bocca», e lo disse non Pietro che potremmo sospettare di benevolenza verso il suo Maestro, bensì Isaia che non vide Cristo presente con i suoi occhi di carne ma ne previde l’avvento nella carne con quelli dello spirito. Perché del resto produrre soltanto questa testimonianza del profeta? Prendi come testimone lo stesso Pilato che fu suo giudice e lo condannò, ma disse: «Non trovo colpa alcuna in quest’uomo», poi lo consegnò ma se ne lavò le mani e protestò: «Sono innocente del sangue di costui». Prendi anche la testimonianza del ladrone, primo a ottenere da Cristo il paradiso, che riprendeva il vicino dicendogli: «Noi abbiamo la pena che ci meritiamo, ma egli non ha fatto alcun male; al giudizio eravamo presenti sia io che tu»

Gesù dunque patì veramente per tutti gli uomini. La sua croce non fu mèra apparenza, altrimenti sarebbe anche un’apparenza la nostra redenzione. La sua morte non fu immaginaria, altrimenti sarebbe anche un mito la nostra salvezza. Se la sua morte non fosse stata reale avrebbero insinuato la verità quanti dicevano: «Ci siamo ricordati che quel seduttore da vivo affermava: “Dopo tre giorni risorgerò”...». No, fu vera la sua passione; vera infatti fu la sua crocifissione, della quale non ci vergogniamo affatto. Fu crocifisso, e noi non lo rinneghiamo; ne parlo e me ne glorio!. Se invero qui ora lo negassi, insorgerebbero per confutarmi questo Golgota dove adesso siamo tutti riuniti, il legno della croce che questo paese ha ormai distribuito per tutta la terra in piccoli frammenti. Riconosco del resto la croce dopo averne conosciuto la risurrezione, perché se il crocifisso fosse rimasto morto, forse piuttosto che riconoscere il mio Maestro lo nasconderei assieme alla sua croce. Ve ne parlo senza vergogna perché dopo la crocifissione ci fu la risurrezione.

Vangelo Mc 8, 27-35
Tu sei il Cristo... Il Figlio dell'uomo dove molto soffrire.

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

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