XXIII Domenica Tempo Ordinario B
Ottenuto il perdono, persevera!
Gregorio Nazianzeno, Oratio LX, in sanat. Bapt., 33 s.
Ieri eri la Cananea, piegata a terra dal peccato; oggi, grazie al Verbo, stai dritta. Non ti far piegare un’altra volta, come da un giogo posto sul tuo collo dal demonio, che ti opprime al punto da non consentirti di raddrizzarti. Ieri perivi per il tuo flusso di sangue, perché un rosso e sanguigno peccato veniva fuori da te, oggi, fermato il profluvio, torni a fiorire. Hai toccato la frangia del mantello di Cristo e il sangue s’è fermato. Fa’ in modo che la purificazione duri, per non ricadere nella malattia, perché non sai se poi riuscirai un’altra volta a toccar il lembo di Cristo, per ricuperar la salute. Cristo non ha piacere che gli si porti via troppe volte qualche cosa, anche se è tanto benevolo e accessibile. Ieri stavi in un letto, inerte, e non avevi uno che ti calasse nell’acqua al movimento dell’angelo; oggi hai trovato l’uomo, che è lo stesso Dio e, più precisamente, è uomo e Dio. Sei stato sollevato dal tuo lettuccio, anzi, hai sollevato tu il tuo lettuccio e lo hai mostrato, come un monumento del beneficio che avevi ricevuto. Stai attento a non ritornare, tornando al peccato, nell’inerzia di quel lettuccio. Al contrario, allontanati e ricorda il precetto: "Ecco, sei guarito; non peccare più, perché non ti accada di peggio" (Gv 5,14), se dopo un tal beneficio sei trovato cattivo. Sentisti, mentre giacevi nel sepolcro, questa voce potente - che cosa è più forte della voce del Verbo? - "Lazzaro vieni fuori" (Gv 11,43); e sei venuto fuori, non dopo solo quattro giorni, ma dopo tanti, e sei tornato alla vita libero dai vincoli della morte, insieme a quel morto di tre giorni. Guarda di non morire un’altra volta e di non finire ancora, con le funi dei tuoi peccati, tra coloro che abitano nei sepolcri; non sai se sarai risuscitato un’altra volta dal sepolcro, prima dell’ultima e universale risurrezione, la quale porterà al giudizio tutte le tue azioni, non per curarle, ma per giudicarle, e perché ne renda conto...
Fino a ieri l’avarizia faceva secca la tua mano, oggi la faccia morbida la beneficenza. È una splendida cura della mano il distribuire, il dare ai poveri le cose di cui abbondiamo, darle fino a toccare il fondo (forse da quel fondo verrà il tuo alimento, come avvenne una volta alla vedova di Sarefta, specialmente se ti capiterà di nutrire Elia); sappi che è distinta ricchezza il soffrire indigenza per quel Cristo, che per noi soffrì la povertà. Se eri sordo e muto, risuoni il Verbo alle tue orecchie; o, piuttosto, trattieni colui che ha parlato, perché all’ammonizione del Signore non presenti, come un serpente incantato, delle orecchie serrate. Se sei cieco, illumina i tuoi occhi, per non addormentarti nella morte. Nella luce del Signore fissa la luce, nello Spirito di Dio riconosci il Figlio, riconosci dico, Dio trino, quella luce una e indivisa. Se accetti Cristo interamente, puoi raccogliere nella tua anima tutte le guarigioni con le quali tutti i malati uno alla volta furono guariti. Stai solo attento a non ignorare la grandezza della grazia, perché, mentre tu dormi e non sei ben saldo, il nemico non ti semini della zizzania. Stai anche attento che, vittima dell’invidia del demonio per la tua purità, non ti riduci un’altra volta alla miseria. Stai attento che, concedendoti troppo alla gioia d’una opera buona, non t’invanisca e abbia a cadere, mentre ti porti troppo in alto. Stai attento a non rallentar mai la cura della tua purificazione; cerca di crescere, anzi, e con molta diligenza proteggi il perdono ricevuto per grazia di Dio; in modo che si possa dire che, mentre il perdono è venuto da Dio, la conservazione della remissione è anche opera tua.
Vangelo Mc 7, 31-37
Fa udire i sordi e fa parlare i muti.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».