Vangelo Mc 6, 30-34
Erano come pecore che non hanno pastore.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Venite in disparte e riposatevi un po’
Beda il Venerabile, In Evang. Marc., 2, 6, 30-34
Ritornati gli apostoli da Gesù, gli riferirono tutte le cose che avevano fatto e insegnato (Mc 6,30).
Gli apostoli non riferiscono al Signore soltanto ciò che essi avevano fatto e insegnato, ma, come narra Matteo, i suoi discepoli, o i discepoli di Giovanni, gli riferiscono il martirio che Giovanni ha subito mentre essi erano impegnati nell’apostolato (Mt 14,12). Continua pertanto:
"E disse loro: «Venite voi soli in un luogo deserto a riposarvi un poco»" (Mc 6,31), con quel che segue.
Fa così non soltanto perché essi avevano bisogno di riposo, ma anche per un motivo mistico, in quanto, abbandonata la Giudea che aveva con la sua incredulità strappato via da sé il capo della profezia, era sul punto di largire nel deserto, ai credenti di una Chiesa che non aveva sposo, il cibo della parola, simile a un banchetto fatto di pani e di pesci. Qui infatti i santi predicatori, che erano stati a lungo schiacciati dalle pesanti tribolazioni nella Giudea incredula e contestataria, trovano pace grazie alla fede che viene concessa ai gentili. E mostra che vi era necessità di concedere un po’ di riposo ai discepoli con le parole che seguono:
"Erano infatti molti quelli che venivano e quelli che andavano; ed essi non avevano neanche il tempo di mangiare" (Mc 6,31).
È chiara da queste parole la grande felicità di quel tempo che nasceva dalla fatica incessante dei maestri e dallo zelo amoroso dei discenti. Oh, tornasse anche ai nostri giorni tanta felicità, in modo che i ministri della parola fossero talmente assediati dalla folla dei fedeli e degli ascoltatori da non avere più nemmeno il tempo di prendersi cura del proprio corpo! Infatti, gli uomini cui è negato il tempo di prendersi cura del corpo, hanno molto meno la possibilità di dedicarsi ai desideri terreni dell’anima o della carne; anzi, coloro da cui si esige in ogni momento, a tempo opportuno e importuno, la parola della fede e il ministero della salvezza, hanno di conseguenza l’animo sempre ardentemente proteso a pensare e a compiere cose celesti, in modo che le loro azioni non contraddicano gli insegnamenti che escono dalla loro bocca.
"E saliti sulla barca, partirono per un luogo deserto e appartato" (Mc 6,32).
I discepoli salirono sulla barca non soli, ma dopo aver con sé il Signore, e si recarono in un luogo appartato, come chiaramente racconta l’evangelista Matteo (Mt 14,13).
"E li videro mentre partivano e molti lo seppero e a piedi da tutte le città accorsero in quel luogo e li precedettero" (Mc 6,33)
Dicendo che li precedettero a piedi, si deduce che i discepoli col Signore non andarono con la barca all’altra riva del mare o del Giordano ma, varcato con la barca un braccio di mare o del lago, raggiunsero una località vicina a quella stessa regione che gli abitanti del luogo potevano raggiungere anche a piedi.
"E uscito dalla barca, Gesù vide una grande folla, e si mosse a compassione di loro, perché erano come pecore senza pastore, e prese a dare loro molti insegnamenti" (Mc 6,34).
Matteo spiega più chiaramente in qual modo ebbe compassione di loro, dicendo: "Ebbe misericordia della folla e risanò i loro ammalati" (Mt 14,14). Questo è infatti nutrire veramente compassione dei poveri e di coloro che non hanno pastore, cioè mostrare loro la via della verità con l’insegnamento, liberarli con la guarigione dalle malattie corporali, ma anche spingerli a lodare la sublime liberalità del Signore ristorando gli affamati. Le parole seguenti di questo passo sottolineano appunto che egli fece tutto questo. Mette alla prova la fede delle folle e, dopo averla provata, la ricompensa con un degno premio. Cercando infatti la solitudine, vuol vedere se le folle vogliono o no seguirlo. Esse lo seguono e, compiendo il viaggio fino al deserto, «non su cavalcature o su carri, ma con la fatica dei loro piedi» (Girolamo), dimostrano quale pensiero essi abbiano per la loro salvezza. E Gesù, come colui che può, ed è salvatore e medico, fa intendere quanta consolazione riceva dall’amore di coloro che credono in lui, accogliendo gli stanchi, ammaestrando gli ignoranti, risanando gli infermi e ristorando gli affamati. Ma secondo il significato allegorico, molte schiere di fedeli, dopo aver abbandonato le città dell’antica vita, ed essersi liberati dall’appoggio di varie dottrine, seguono Cristo che si dirige nel deserto dei gentili. E colui che era un tempo «Dio conosciuto solo in Giudea» (Sal 75,2), dopo che i denti dei giudei sono diventati «armi e frecce, e la loro lingua una spada tagliente», viene esaltato «come Dio al di sopra dei cieli e la sua gloria si diffonde su tutta la terra»«(Sal 56,5-6).
Note sull'autore
Beda il Venerabile è una delle più importanti figure di erudito inglese dell'epoca alto-medioevale. Nato intorno al 672, nel nord-est dell'Inghilterra, all'età di 7 anni fu affidato all'abate di un vicino monastero per la sua educazione. La sua opera più importante è l'Historia ecclesiastica gentis Anglorum.
"Le Sacre Scritture sono la fonte costante della riflessione teologica di Beda. Premesso un accurato studio critico del testo (ci è giunta copia del monumentale Codex Amiatinus della Vulgata, su cui Beda lavorò), egli commenta la Bibbia, leggendola in chiave cristologica, cioè riunisce due cose: da una parte ascolta che cosa dice esattamente il testo, vuole realmente ascoltare, comprendere il testo stesso; dall’altra parte, è convinto che la chiave per capire la Sacra Scrittura come unica Parola di Dio è Cristo e con Cristo, nella sua luce, si capisce l’Antico e il Nuovo Testamento come “una” Sacra Scrittura. Le vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento vanno insieme, sono cammino verso Cristo, benché espresse in segni e istituzioni diverse (è quella che egli chiama concordia sacramentorum). Ad esempio, la tenda dell’alleanza che Mosè innalzò nel deserto e il primo e secondo tempio di Gerusalemme sono immagini della Chiesa, nuovo tempio edificato su Cristo e sugli Apostoli con pietre vive, cementate dalla carità dello Spirito. E come per la costruzione dell’antico tempio contribuirono anche genti pagane, mettendo a disposizione materiali pregiati e l’esperienza tecnica dei loro capimastri, così all’edificazione della Chiesa contribuiscono apostoli e maestri provenienti non solo dalle antiche stirpi ebraica, greca e latina, ma anche dai nuovi popoli, tra i quali Beda si compiace di enumerare gli Iro-Celti e gli Anglo-Sassoni. San Beda vede crescere l’universalità della Chiesa che non è ristretta a una determinata cultura, ma si compone di tutte le culture del mondo che devono aprirsi a Cristo e trovare in Lui il loro punto di arrivo." (Benedetto XVI, Udienza generale del 18 febbraio 2009)
Note sull'autore
Beda il Venerabile è una delle più importanti figure di erudito inglese dell'epoca alto-medioevale. Nato intorno al 672, nel nord-est dell'Inghilterra, all'età di 7 anni fu affidato all'abate di un vicino monastero per la sua educazione. La sua opera più importante è l'Historia ecclesiastica gentis Anglorum.
"Le Sacre Scritture sono la fonte costante della riflessione teologica di Beda. Premesso un accurato studio critico del testo (ci è giunta copia del monumentale Codex Amiatinus della Vulgata, su cui Beda lavorò), egli commenta la Bibbia, leggendola in chiave cristologica, cioè riunisce due cose: da una parte ascolta che cosa dice esattamente il testo, vuole realmente ascoltare, comprendere il testo stesso; dall’altra parte, è convinto che la chiave per capire la Sacra Scrittura come unica Parola di Dio è Cristo e con Cristo, nella sua luce, si capisce l’Antico e il Nuovo Testamento come “una” Sacra Scrittura. Le vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento vanno insieme, sono cammino verso Cristo, benché espresse in segni e istituzioni diverse (è quella che egli chiama concordia sacramentorum). Ad esempio, la tenda dell’alleanza che Mosè innalzò nel deserto e il primo e secondo tempio di Gerusalemme sono immagini della Chiesa, nuovo tempio edificato su Cristo e sugli Apostoli con pietre vive, cementate dalla carità dello Spirito. E come per la costruzione dell’antico tempio contribuirono anche genti pagane, mettendo a disposizione materiali pregiati e l’esperienza tecnica dei loro capimastri, così all’edificazione della Chiesa contribuiscono apostoli e maestri provenienti non solo dalle antiche stirpi ebraica, greca e latina, ma anche dai nuovi popoli, tra i quali Beda si compiace di enumerare gli Iro-Celti e gli Anglo-Sassoni. San Beda vede crescere l’universalità della Chiesa che non è ristretta a una determinata cultura, ma si compone di tutte le culture del mondo che devono aprirsi a Cristo e trovare in Lui il loro punto di arrivo." (Benedetto XVI, Udienza generale del 18 febbraio 2009)