venerdì 26 giugno 2015

Liturgia Bizantina, Con quali ghirlande di elogi cingeremo Pietro e Paolo? (Solennità dei Santi Pietro e Paolo)

Liturgia Bizantina

Con quali ghirlande di elogi
cingeremo Pietro e Paolo?
Separàti quanto al corpo,
ma uniti dallo Spirito,
primi tra i divini araldi,
l’uno perché capo degli apo­sto­li,
l’altro perché ha faticato piú di tutti.

Davvero giustamente
li incorona con diademi di gloria immortale
il Cristo Dio nostro
che possiede la grande misericordia˚.

Con quali splendori di inni
celebreremo Pietro e Paolo?
Essi sono le ali della conoscenza di Dio
che hanno percorso a volo i confini della terra
e si sono innal­za­te sino al ­cielo;

sono le mani del vangelo della gra­zia,
i piedi della verità dell’annuncio,
i fiumi della sapien­za,
le braccia della croce;
trami­te essi il Cristo ha abbattu­to
la boria dei demoni,
lui che possiede la grande misericordia˚.      

Con quali canti spirituali
loderemo Pietro e Paolo?
Essi sono le bocche
della tremenda spada dello Spiri­to
che sgozzano l’ateismo
senza restar spuntate;
sono stupendi ornamenti di Roma;
delizia di tutta la terra;
spirituali tavole del nuovo patto
scritte da Dio
e che Cristo ha promulgate in Sion,
lui che possiede la grande misericordia.

Giovanni Crisostomo, Cristo ha vinto la morte (XIII Domenica Tempo Ordinario B)

Vangelo   Mc 5, 21-43
Fanciulla, io ti dico: Àlzati!

Dal vangelo secondo Marco
[In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.]
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando [dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.] 

Crisostomo Giovanni, Comment. in Matth., 31, 2
Cristo ha vinto la morte
Durante la tempesta riprende dapprima i discepoli; così, qui, dissipa anzitutto il turbamento che era nell’anima dei presenti e al tempo stesso dimostra che per lui è facile risuscitare i morti. Si comporta nell’identico modo prima di operare la risurrezione di Lazzaro, dicendo: "Lazzaro, l’amico nostro, dorme" (Jn 11,11). Insegna, inoltre, a non temere la morte: essa infatti non è più morte, ma è diventata sonno. Cristo, infatti, doveva di lì a poco morire, e voleva perciò preparare i discepoli, nella persona di altri, ad aver coraggio e a sopportare pazientemente la sua morte. Da quando egli è venuto sulla terra, la morte è divenuta soltanto un sonno...
A quel tempo non era palese che la morte era diventata un sonno: oggi, invece, questa verità è più chiara del sole. Cristo non ha risuscitato la tua figliola? Ebbene, la risusciterà con assoluta certezza e con una gloria più grande. Quella fanciulla, dopo essere stata risuscitata, più tardi morì di nuovo: ma tua figlia, quando risusciterà, rimarrà per sempre immortale. Nessuno, dunque, pianga più i morti, nessuno si disperi, né rigetti così la vittoria di Cristo. Egli infatti ha vinto la morte. Perché dunque piangi senza motivo? La morte è diventata un sonno. A che pro gemi e ti lamenti? Se i gentili che si disperano sono degni d’esser derisi, quale scusa un cristiano potrà avere comportandosi in modo così disonorevole in tali circostanze? Come potrà farsi perdonare tale stoltezza e insipienza, dopo che la risurrezione è stata provata molte volte e in modo evidente durante tanti secoli?
Ma voi, come se foste impegnati ad accrescere la vostra colpa, portate qui tra noi donne pagane, pagate per piangere ai funerali e attizzare in tal modo la fiamma del vostro dolore e non ascoltate Paolo che dice: "Quale accordo può esserci tra Cristo e Belial? O quale cosa di comune tra il fedele e l’infedele?" (2Co 6,15). Gli stessi pagani, che pure non credono nella risurrezione, finiscono col trovare argomenti di consolazione e dicono: Sopporta con coraggio; non è possibile eliminare quanto è accaduto e con le lacrime non ottieni nulla. E tu che ascolti parole tanto più sublimi e consolanti di queste, non ti vergogni di comportarti in modo più sconveniente dei pagani? Noi non ti esortiamo a sopportare con fermezza la morte, dato che essa è inevitabile e irrimediabile; al contrario ti diciamo: Coraggio, c’è la risurrezione con assoluta certezza: dorme la fanciulla e non è morta; riposa, non è perduta per sempre. Sono infatti ad accoglierla la risurrezione, la vita eterna, l’immortalità e l’eredità stessa degli angeli. Non senti il salmo che dice: "Torna, anima mia, nel tuo riposo, perché Dio ti ha fatto grazia" (Ps 114,7)? Dio chiama «grazia» la morte, e tu ti lamenti?

mercoledì 24 giugno 2015

Ambrogio, Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita (Natività di S. Giovanni Battista)

Natività di Giovanni Battista
Ambrogio, Exp. Ev. Luc., 1, 28-32

Non temere, Zaccaria, perché è stata esaudita la tua preghiera, e tua moglie Elisabetta darà alla luce un figlio, al quale porrai nome Giovanni. Tu ne avrai gioia, e molti si rallegreranno per la sua nascita (Lc 1,13s).

I benefici di Dio sono sempre copiosi e traboccanti, non si riducono ad un numero ristretto, ma crescono in un ricco cumulo di doni, come avviene qui: c’è anzitutto l’esaudimento della preghiera, poi il parto di una moglie sterile, indi l’esultanza di molte persone, e l’eccellenza della virtù. C’è anche la promessa di un profeta dell’Altissimo (cf. - Lc 1,76), e, per togliere ogni dubbio, si indica il nome di colui che nascerà. In mezzo a benefici così grandi, che si effondono dal cielo oltre ogni desiderio, non a torto il mutismo del padre fu un castigo della sua incredulità, come spiegheremo oltre. 
Ma quando nascono i santi, tutti ne godono; un santo, infatti, non è soltanto un onore per i genitori, ma è salvezza per molti. Così, in questo passo, ci si esorta a godere per la natività dei santi.
Ma anche i genitori sono esortati a ringraziare Dio non meno per la nascita, che per il merito dei loro figlioli, certo, non è piccolo dono quello che Dio fa donando i figli, i quali propagheranno la famiglia, e subentreranno nella successione. 
Leggi nella Scrittura che Giacobbe gode di aver generato dodici figli (Gn 49,1-28); ad Abramo viene donato un figlio (Gn 21,2), e Zaccaria resta esaudito. La fecondità dei genitori è un dono di Dio. Perciò ringrazino i padri, per aver generato; i figli, per essere stati generati; le madri, per l’onore che ricevono dai frutti del loro matrimonio: i figli, infatti, sono la retribuzione dei loro sacrifici. Fiorisca a nuova primavera la terra, perché è coltivata, il mondo, che così viene conosciuto, la Chiesa, che vede crescere di numero il popolo fedele. E non senza ragione, subito all’inizio della Genesi, il matrimonio è portato a consumazione per comando di Dio (cf. Gn 2,22ss), ciò non ha altro scopo che di annientare l’eresia. Dio, infatti, ha approvato il matrimonio per unire i coniugi, e l’ha premiato con tanta larghezza, che coloro ai quali la sterilità aveva negato i figli, la bontà divina glieli ha concessi.

venerdì 19 giugno 2015

Agostino, Se la fede è in noi, Cristo è in noi (XII Domenica Tempo Ordinario B)

Vangelo  Mc 4,35-41
Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?

Dal Vangelo secondo Marco
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». 

Agostino, Comment. in Ioan., 49, 19
Se la fede è dentro di te, dentro di te c’è Cristo che freme e si turba; poiché se la fede è in noi, Cristo è in noi. Lo attesta l’Apostolo: "Per mezzo della fede, Gesù Cristo abita nei nostri cuori" (Ep 3,17). Se la tua fede deriva da Cristo, Cristo è nel tuo cuore.
Ricordatevi l’episodio del Vangelo, in cui si narra di Cristo che dormiva nella barca: i discepoli vedendosi esposti al pericolo di un imminente naufragio, gli si avvicinarono e lo svegliarono. Cristo si alzò, comandò ai venti e alle onde, subito si fece gran calma sul mare. Fai anche tu così. I venti entrano nel tuo cuore, come se tu navigassi in questa vita su un mare procelloso e pieno di scogli pericolosi: il vento entra, sconvolge le onde, e la tua navicella ne è quasi travolta. Chi sono questi venti? Ti è stata rivolta un’offesa e tu sei colto dall’ira: l’offesa è il vento, l’ira è l’onda travolgente. Sei in pericolo, perché ti prepari a rispondere, ti prepari a restituire l’offesa con un’altra più grave, e già la tua nave si avvicina al naufragio. Sveglia a questo punto Cristo che dorme. Tu eri travolto dalle onde, stavi per rispondere con una ingiuria all’oltraggio che ti è stato fatto, perché Cristo dormiva sulla tua navicella. Il sonno di Cristo nel tuo cuore è l’oblio della fede. Infatti, se svegli Cristo, cioè se fai appello alla fede, che cosa ti dice Cristo, sveglio nel tuo cuore? Ti dice: Ho sentito i miei nemici dirmi: tu hai il demonio in corpo, e io ho pregato per loro. Il Signore sente l’offesa e la sopporta: il servo invece sente l’offesa e si indigna! Anzi, tu ti vuoi vendicare. Ma come? Io - continua Cristo nel tuo cuore - mi sono forse vendicato? Quando la fede parla così nel tuo cuore, è come se comandasse ai venti e alle onde: subito si fa una gran calma.

venerdì 12 giugno 2015

Gregorio Magno,I tempi della semina e i tempi del bene (XI Domenica Tempo Ordinario B)

Vangelo  Mc 4, 26-34
Dal vangelo secondo Marco.
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme ger­moglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene semi­nato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.  


Gregorio Magno, In Exod., II, 3, 5 s.
Il regno di Dio è come se un uomo getta un seme sulla terra e se ne va a dormire; lui va per i fatti suoi e il seme germina e cresce e lui non ne sa niente; la terra produce da sé prima l’erba, poi la spiga e poi il grano pieno nella spiga. Quando il frutto è maturo, l’uomo manda i mietitori, perché è tempo della messe (cf. Mc 4,26s).
L’uomo getta il seme, quando concepisce nel cuore una buona intenzione. Il seme germoglia e cresce, e lui non lo sa, perché finché non è tempo di mietere il bene concepito continua a crescere. La terra fruttifica da sé, perché attraverso la grazia preveniente, la mente dell’uomo spontaneamente va verso il frutto dell’opera buona. La terra va a gradi: erba, spiga, frumento. Produrre l’erba significa aver la debolezza degli inizi del bene. L’erba fa la spiga, quando la virtù avanza nel bene. Il frumento riempie la spiga, quando la virtù giunge alla robustezza e perfezione dell’opera buona. Ma, quando il frutto è maturo, arriva la falce, perché è tempo di mietere. Infatti, Dio Onnipotente, fatto il frutto, manda la falce e miete la messe, perché quando ha condotto ciascuno di noi alla perfezione dell’opera, ne tronca la vita temporale, per portare il suo grano nei granai del cielo.
Sicché, quando concepiamo un buon desiderio, gettiamo il seme; quando cominciamo a far bene, siamo erba, quando l’opera buona avanza, siamo spiga e quando ci consolidiamo nella perfezione, siamo grano pieno nella spiga...
Non si disprezzi, dunque, nessuno che mostri di essere ancora nella fase di debolezza dell’erba, perché ogni frumento di Dio comincia dall’erba, ma poi diventa grano!

       

Agostino, Un soldato gli aprì il costato con la lancia (Sacro Cuore di Gesù B)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,31-37)
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 
Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».


Agostino, In Io. Evang., 120, 2
Vennero, dunque, i soldati e spezzarono le gambe al primo, poi all’altro che era crocifisso insieme con lui. Giunti a Gesù, vedendolo già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aprì il costato con la lancia, e subito ne uscì sangue ed acqua (Jn 19,32-34). L’evangelista ha usato un verbo significativo. Non ha detto: colpì, ferì il suo costato, o qualcosa di simile. Ha detto: aprì, per indicare che nel costato di Cristo fu come aperta la porta della vita, donde fluirono i sacramenti della Chiesa, senza dei quali non si entra a quella vita che è la vera vita. Quel sangue è stato versato per la remissione dei peccati quell’acqua tempera il calice della salvezza, ed è insieme bevanda e lavacro. Questo mistero era stato preannunciato da quella porta che Noè ebbe ordine di aprire nel fianco dell’arca (Gn 6,16), perché entrassero gli esseri viventi che dovevano scampare ai diluvio, con che era prefigurata la Chiesa. Sempre per preannunciare questo mistero, la prima donna fu formata dal fianco dell’uomo che dormiva (Gn 2,22), e fu chiamata vita e madre dei viventi (Gn 3,20). Indubbiamente era l’annuncio di un grande bene, prima del grande male della prevaricazione. Qui il secondo Adamo, chinato il capo, si addormentò sulla croce, perché così, con il sangue e l’acqua che sgorgarono dal suo fianco, fosse formata la sua sposa. O morte, per cui i morti riprendono vita! Che cosa c’è di più puro di questo sangue? Che cosa c’è di più salutare di questa ferita?

       

martedì 9 giugno 2015

Efrem il Siro, Preghiera prima di dormire

Donami, Signore, finché veglio, 
di restare davanti a te, con grande attenzione, 
e quando mi sarò addormentato, 
allontana il peccato dal mio giaciglio. 
Se al risveglio io pecco, 
perdonami, Signore, nella tua bontà. 

Se pecco mentre dormo, 
la tua misericordia mi purifichi. 
Per l’umiliazione della tua croce, 
concedimi un sonno tranquillo; 
liberami dai sogni malvagi 
e dalle immagini turpi. 

La notte trascorra in un riposo completo, 
i demoni si allontanino da me 
con i loro consigli perniciosi. 

Inviami il messaggero di luce 
perché vegli sulle mie membra; 
liberami dai desideri malvagi 
grazie al tuo corpo vivificante che ho mangiato. 

Mi addormenterò nella pace, 
il tuo sangue vegli su di me; 
all’anima che hai plasmato 
secondo la tua immagine, 
concedi la libertà. 

Posa la mano sul corpo che hai impastato, 
e le tue misericordie siano per lui 
come mura di difesa e come un potente scudo. 

Quando il corpo si riposerà 
la tua forza lo protegga, 
il mio riposo sia davanti a te, 
come profumo d’incenso. 

Il Maligno non si avvicini al mio giaciglio, 
per l’intercessione di tua Madre, 
e per il tuo sacrificio per noi; 
allontana il demone della paura che mi nuoce. 

Porta a compimento la promessa 
he hai fatto a mio riguardo, Signore, 
conservami la vita per mezzo della croce, 
e al mio risveglio ti renderò grazie, 
per l’amore che hai manifestato alla mia debolezza. 

Donami, Signore, per la tua tenerezza, 
di ascoltare e compiere la tua volontà; 
concedimi una sera tranquilla e una notte santa. 

O Cristo, nostro salvatore, 
tu sei la vera luce, a te la gloria, 
e su di noi le tue misericordie, 
in questo come nell’ altro mondo. 

Gregorio di Narek, Preghiera della sera

Dio eterno, benefico e onnipotente,
che hai creato la luce 
e formato la notte, 
Vita nella notte
e Luce nelle tenebre,
speranza 
per coloro che attendono
e longanimità 
per coloro che dubitano.
Tu che con la tua sapienza industriosa 
cambi in aurora 
le ombre della morte, 
Oriente senza fine
e Sole senza tramonto:
l'oscurità della notte non può velare 
la gloria della tua potenza;
al cui cospetto si piega il ginocchio 
di ogni essere creato,
in cielo, sulla terra e sotto terra.
Tu che ascolti 
il gemito dei prigionieri, 
consideri la preghiera degli umili
e accogli le loro richieste,

mio Dio e mio Re,
mia vita e mio rifugio,
mia speranza e fiducia,
Gesù Cristo, tu Dio di tutti,
santo che riposi nelle anime dei santi, 
consolatore degli afflitti
e propizio ai peccatori,
tu che conosci tutte le cose
prima che vengano all'esistenza,
manda la potenza protettrice della tua destra 
e liberami dagli spaventi della notte
e dal demonio perverso,
così che baciando sempre
il ricordo del tuo nome santo e temibile 
con le labbra dell'anima
e il desiderio del mio respiro,
io viva protetto insieme a coloro
che t'invocano
con tutto il loro cuore

giovedì 4 giugno 2015

Commenti Patristici: Corpo e Sangue del Signore

Dal Vangelo secondo Marco  (Mc 14, 12-16. 22-26)
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.


Giovanni Crisostomo, In Matth., 82, 4-6
Le condizioni per celebrare l'Eucarestia

Facciamo pure cosí in ciò che spetta ai misteri (eucaristici), senza guardare soltanto ciò che abbiamo dinanzi a noi, ma tenendo presenti le sue parole. Perché la sua parola è infallibile ed i nostri sensi sono fallibili. La sua parola non è mai venuta meno mentre i sensi il piú delle volte si ingannano. Poiché la sua parola ci dice: Questo è il mio corpo, ubbidiamo e crediamo, e vediamolo con gli occhi dello spirito. Infatti, Cristo non ci diede nulla di sensibile, ma piuttosto, per mezzo di cose sensibili, non ci diede altro che cose spirituali. Cosí nel battesimo, per mezzo di una cosa sensibile, ci si dà il dono dell`acqua, ma sono spirituali la rinascita e il rinnovamento ivi prodotti. Se tu fossi incorporeo, ti avrebbe dato soltanto questi doni incorporei; ma poiché l`anima è unita al corpo, ti offre - per mezzo di cose sensibili - altre spirituali. Quanti ora dicono: «Vorrei vedere la sua forma, la sua figura, le sue vesti, i suoi calzari!». Ecco quindi che Lo vedi, Lo tocchi, Lo mangi. Tu desideri vedere le sue vesti; ma Egli stesso ti si dona, e non solo perché tu lo veda, ma perché lo possa toccare e mangiare e lo riceva dentro di te.

Nessuno, quindi, si avvicini con senso di fastidio, con tiepidezza; tutti vi giungano pieni di ardore, di fervore e ben desti. Perché se i giudei, stando in piedi, tenendo i calzari e i bastoni in mano, mangiavano in fretta, conviene assai di piú che tu sia in guardia. Se essi, infatti, dovevano recarsi in Palestina, e per questo prendevano la forma di viandanti, tu invece devi trasferirti in cielo.
E` necessaria quindi una grande vigilanza: il tormento da cui sono minacciati coloro che comunicano indegnamente non è mediocre Considera come ti riempi di sdegno contro il traditore e contro quelli che hanno messo in croce Cristo. Bada bene di non essere anche tu reo del corpo santissimo, ma tu lo ricevi con l`anima immonda dopo aver ricevuto tanti benefici! Poiché Egli non si accontentò di farsi uomo, di essere schiaffeggiato e crocefisso, ma si unisce anche e si intrattiene con noi, e non solo per mezzo della fede, ma in realtà ci fa suo proprio corpo. Quale genere di purezza deve superare colui che partecipa a tale sacrificio? Quali raggi di luce da essere sorpassati dalla mano che spezza questa carne, dalla bocca che si riempie di questo fuoco spirituale, dalla lingua che si arrossa con questo sangue venerando?
Considera quale onore tanto elevato ti viene reso, di quale banchetto fai parte. Colui che gli angeli vedono con tremore e, a causa del suo splendore, non osano guardare in faccia, con Lui noi ci alimentiamo, con Lui noi ci mescoliamo e diventiamo un solo corpo e carne di Cristo. Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode? (Sal 105,2). Quale pastore non rnanda al pascolo le sue pecore servendosi dei suoi servi? Ma che dico, pastore? Vi sono spesse volte delle madri le quali, dopo aver sofferto i dolori del parto, offrono i loro figli ad altre affinché li allattino e li educhino. Ma Egli non ha voluto cosí; Egli ci alimenta col suo sangue e si unisce a noi con tutti i mezzi. Osservalo bene: è nato dalla nostra stessa sostanza. Ma ciò non appartiene a tutti, dirai. Invece, sí certamente: a tutti. Perché se è venuto a prendere su di sé la nostra natura, è evidente che è venuto per tutti. E se per tutti, anche per ognuno di noi.