Commemorazione dei Defunti
Agostino, De civitate Dei, 22, 24
Quali parole potranno mai esaurire la bellezza e l’utilità delle creature, che, per divina misericordia, l’uomo, benché abbandonato e condannato a tante fatiche e miserie, può contemplare e godere? La bellezza varia e molteplice della terra e del mare; l’abbondanza e la meraviglia della stessa luce, nel sole, nella luna e nelle stelle; l’ombra dei boschi; i colori e gli odori dei fiori, la varia moltitudine di uccelli garruli e variopinti; le forme molteplici di tanti animali di cui i più piccoli sono i più ammirevoli (ci meravigliano più le opere delle piccole formiche e delle piccole api, che i corpi immensi delle balene); lo stesso spettacolo immenso del mare, quando si riveste di diversi colori: ora verde, ora variegato, ora purpureo, ora ceruleo. Anzi, è uno spettacolo dilettevole anche quando è agitato, ed è allora tanto più soave, quanto più chi lo contempla è sicuro di non esser da esso scosso e travolto. E che dirò dell’abbondanza enorme dei cibi per combattere la fame, e della molteplicità dei sapori, per combattere la nausea, forniti senza posa dall’opulenta natura e non dall’arte e la fatica dei cuochi? E tra essi, quanti rimedi per ricuperare e proteggere la salute! Che grata alternanza di giorno e di notte! Che dolce spirar di venti! Dalle piante e dai greggi, quanto materiale per confezionare abiti! Chi potrebbe ricordare tutto? Se uno si volesse dedicare ad esaminar anche solo queste poche cose da me ridotte e condensate in queste poche linee, quanto tempo dovrebbe impegnare per ciascuna di esse! E sono tante!
Tutto ciò è consolazione dei miseri e dei condannati, non premio dei beati. Come sarà dunque il premio, se la consolazione è tale e tanta! Cosa darà Dio a coloro che ha predestinato alla vita, se ha dato questo a coloro che ha predestinato alla morte! Di quali beni ricolmerà nella vita beata quelli per i quali in questa miseria ha voluto che il suo Figlio unigenito soffrisse tante pene, fino alla morte? Per questo l’Apostolo, parlando dei predestinati al regno dei cieli, dice: Colui che non perdonò al suo proprio Figlio, ma che lo sacrificò per noi, com’è possibile, che con lui, non ci doni tutto? (Rm 8,32). Quando questa promessa si sarà adempiuta, come saremo? Quali saremo? Quali beni riceveremo in quel regno, avendo già ricevuto un tale pegno: Cristo morto per noi? Come sarà lo spirito dell’uomo, senza i vizi ai quali debba sottostare, a cui debba cedere o contro i quali debba almeno strenuamente lottare, cioè perfetto per il pieno possesso pacificante della virtù? Come sarà abbondante, come sarà bella, come sarà certa la scienza di tutte le cose, pura da ogni errore e fatica, là dove la sapienza di Dio verrà attinta alla sorgente, con somma felicità, senza nessuna difficoltà! Come sarà splendido il corpo, soggetto in tutto allo spirito, da esso pienamente vivificato, libero dal bisogno di qualsiasi alimento! Sarà corpo spirituale, non animale: avrà la sostanza della carne, ma non certo la corruzione della carne.
Vangelo Gv 6,37-40
Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».