venerdì 29 maggio 2015

Un commento iconografico alla Liturgia: SS. Trinità

Il commento patristico alla Liturgia di domenica prossima, solennità della SS. Trinità, è un commento iconografico: l'icona della Trinità di Andrej Rublev, dipinta nel 1422 in occasione della canonizzazione di S. Sergio di Radonez.
Come tutte le icone, i particolari del dipinto illustrano un vero e proprio trattato teologico. In particolare, questa icona è stata definita l'"Icona delle Icone" per la sua bellezza e profondità di significato.


Le Querce di Mamre
La Trinità è rappresentata sotto la forma dei tre angeli che fanno visita ad Abramo alla Querce di Mamre (Genesi 18), per annunciargli la nascita di Isacco.
Le tre figure hanno gli stessi volti, rappresentando l'uguaglianza all'interno della Trinità e hanno la stessa età, rappresentando che Dio è eterno presente.
In tutti i personaggi è presente l'azzurro, colore del cielo e quindi del Divino; tutte hanno un bastone, simbolo dell'Autorità.

Il Padre
La figura di sinistra rappresenta il Padre: in lui la Divinità (l'azzurro) è nascosta (nessuno può conoscere il Padre, se non per mezzo del Figlio) ma si intravede attraverso il manto rosa-oro che rappresenta la Creazione. Infatti "dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rm 1).
Dietro di lui è presente una casa, quella di Abramo nella storia di Genesi 18, ma anche la casa del Padre a cui fa riferimento Gesù.

Il Figlio
La figura centrale è il Figlio: è vestito di azzurro (la Divinità) e di rosso-marrone(l'Umanità). Il rosso rappresenta anche il Sangue e il Sacrificio. La mano benedicente mostra due dita: simbolo della sua natura umana e divina. Dietro di lui l'albero, una quercia di Mamre, ma anche l'albero della Croce.

Lo Spirito Santo
Il terzo personaggio (a destra) rappresenta lo Spirito.Oltre al solito azzurro, è vestito di verde, colore della vita nuova. Dietro di lui la roccia, a rappresentare la Forza.

Il gioco degli sguardi
Gli angeli si guardano l'un l'altro in modo circolare. Il Padre guarda il Figlio e indica con la destra la coppa centrale, simbolo del Sacrificio. Il Figlio ricambia lo sguardo accettando il Sacrificio e benedicendo la coppa. Lo Spirito accoglie la volontà del Padre per il Figlio (mano posata sul tavolo) e col suo piegarsi riporta la nostra attenzione al Figlio e al Padre: vuole metterci obbedienti davanti a Gesù (nessuno può dire "Gesù è Signore" se non per opera dello Spirito Santo) e abbandonati e fiduciosi davanti al Padre ("lo Spirito grida nei nostri cuori: Abbà, Padre!).

Le geometrie nascoste
I tre personaggi sono inscritti in un cerchio, simbolo di pienezza e perfezione. Inoltre il lato destro del Padre e sinistro dello Spirito vanno a comporre una coppa, simbolo dell'Eucarestia, nel cui interno è presente il Figlio.

Lo spazio per noi
Rublev ha volutamente lasciato uno spazio libero nella parte anteriore del dipinto. Per chi contempla l’icona, i commensali occupano tre dei quattro lati della mensa, lasciandone uno libero: questo posto vuoto invita lo spettatore alla Comunione, a partecipare al colloquio intimo con Dio.



giovedì 21 maggio 2015

Un commento patristico alla Liturgia: Pentecoste


Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 26-27; 16, 12-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».





I tre tipi di azione dello Spirito Santo in noi
Bernardo di Chiaravalle, Sermo I, in Sp. Sanct., 1 s.

Celebriamo oggi, carissimi, la solennità dello Spirito Santo, solennità che merita di essere celebrata in pienezza di gioia e con ogni devozione. Poiché lo Spirito Santo è la suprema dolcezza di Dio, è la benevolenza di Dio, è Dio stesso. Perciò, se celebriamo le feste dei Santi quanto più dovremo celebrare colui dal quale ebbero il dono di essere santi tutti coloro che tali sono stati? Se veneriamo coloro che sono stati santificati, quanto più dovremo onorare il santificatore? Oggi è la celebrazione dello Spirito Santo, o di quella discesa per cui l`invisibile apparve visibile; come il Figlio, che, pur essendo invisibile in se stesso, si degnò di mostrarsi visibile nella carne umana. Oggi lo Spirito Santo ci rivela qualche cosa di se stesso, come prima conoscevamo qualche cosa del Padre e del Figlio: la perfetta conoscenza della Trinità è la vita eterna. Ora conosciamo solo in parte; ciò che non riusciamo a comprendere, lo accettiamo per fede... 
Prima lo Spirito invisibile manifestava il suo arrivo con segni visibili: quanto più poi i segni sono spirituali, tanto più sono convenienti allo Spirito Santo. Discese allora sopra i discepoli in lingue di fuoco, perché‚ dicessero parole di fuoco nelle lingue di tutte le genti e predicassero una legge di fuoco con lingua di fuoco. Nessuno si lamenti che tale manifestazione dello Spirito non venga fatta a noi: la manifestazione dello Spirito è fatta a ciascuno a seconda dell`utilità (1Cor 12,7). Ma veramente questa manifestazione è stata fatta più a noi che agli apostoli. A che servirono infatti a loro le lingue, se non per la conversione delle genti? Ci fu in loro una ben altra manifestazione più propriamente loro: e questa ancor oggi si rivela a noi. E` evidente, infatti, che dovettero essere rivestiti di potenza dall`alto quei tali che, da una così grande pusillanimità di spirito, pervennero poi a così meravigliosa costanza. Non fuggono più, non si nascondono più per paura dei Giudei; è più forte il loro coraggio nel predicare, che non sia stata la loro paura nel nascondersi. E che quel mutamento sia dovuto alla destra dell`Altissimo lo dice chiaramente la paura del principe degli Apostoli, che trema alle parole d`una serva, ma poi diventa forte sotto i flagelli del sinedrio: "Se ne andavano via dal sinedrio pieni di gioia, perchè erano stati ritenuti degni di subir ignominia per il nome di Gesù" (At 5,11). Eppure, mentre Gesù era condotto innanzi al sinedrio, erano tutti fuggiti e l`avevano lasciato solo. Chi può mettere in dubbio la discesa dello Spirito veemente, che fortificò le loro menti con invisibile potenza? Così anche oggi le cose che lo Spirito opera in noi danno testimonianza della sua presenza.


O Dio, luce e vita dei credenti, di cui la odierna festività rende testimonianza per la magnificenza ineffabile dei doni,  da’ ai popoli che ti appartengono di capire con la mente ciò che solo un prodigio può tradurre in parole affinché l’adozione che in loro apportò il tuo Santo Spirito  nulla abbia di tiepido nell’amore  e nulla di avverso nella confessione.
Missale Gothicum



venerdì 15 maggio 2015

Un commento patristico alla Liturgia: Ascensione del Signore

Causa della nostra gioia 
Leone Magno, Sermo 74 [61], 1-3.5 



In occasione della festività pasquale, la Risurrezione del Signore si presentava come causa della nostra gioia; oggi, ricorre la sua Ascensione al cielo che ci offre nuovi motivi di gioia, in quanto commemoriamo e veneriamo, come si conviene, il giorno in cui l`umiltà della nostra natura è stata elevata in Cristo al di sopra di tutte le schiere celesti, al di sopra di tutti gli ordini angelici e oltre la sublimità di tutte le potenze (cf. Ef 1,21), fino a condividere il trono di Dio Padre. 

E su questa disposizione delle opere divine che siamo costituiti ed edificati; la grazia di Dio diviene, in verità, piú ammirevole quando fa sí che la fede non dubiti, che la speranza non vacilli, che la carità non si intiepidisca, allorché è scomparso dalla vista degli uomini ciò che, con la sua presenza sensibile, meritava di ispirare loro il rispetto. Tale è in effetti, la forza propria dei grandi spiriti, tale la luce propria delle anime eminentemente fedeli: essa consiste nel credere incrollabilmente ciò che non vedono con gli occhi del corpo e nel fissare il proprio desiderio là dove non può arrivare la vista. Ma una tale pietà come può nascere nei nostri cuori, o come possiamo essere giustificati dalla fede, se la nostra salvezza risiedesse solo in ciò che cade sotto i nostri occhi? Di qui, la parola detta dal Signore a quel tale che sembrava dubitare della Risurrezione di Cristo, ove non gli fosse stata offerta la possibilità di verificare con i propri occhi e di toccare con le proprie mani i segni della Passione nella carne [del Signore]: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che pur non vedendo crederanno (Gv 20,29). 

 Per renderci capaci di questa beatitudine, carissimi, nostro Signore Gesú Cristo, dopo aver realizzato tutto ciò che era conforme alla predicazione del Vangelo e ai misteri della Nuova Alleanza, quaranta giorni dopo la sua Risurrezione, ascese al Cielo alla presenza dei discepoli. Mise cosí termine alla sua presenza corporale, per rimanere alla destra del Padre suo fino a che siano compiuti i tempi divinamente previsti perché si moltiplichino i figli della Chiesa e ritorni a giudicare i vivi e i morti, nella stessa carne nella quale è asceso. Ciò che si era potuto vedere del nostro Redentore è dunque passato nei misteri; e, affinché la fede divenga piú eccellente e piú ferma, l`istruzione è succeduta alla visione: è sulla di lui autorità che il coro dei credenti, illuminati dai raggi provenienti dall`alto, ormai faranno leva. 

Su questa fede, che l`Ascensione del Signore aveva aumentata e che il dono dello Spirito Santo aveva fortificata, né le catene, né le prigioni, né la fame, né il fuoco, né le belve, né i raffinati supplizi di crudeli persecutori potranno prevalere per paura. Per questa fede, in tutto il mondo, non solo gli uomini, ma anche le donne; non solo i fanciulli, ma anche tenere vergini lotteranno fino alla effusione del sangue. Questa fede mise in fuga i demoni, scacciò le malattie, risuscitò i morti. Cosí, gli stessi santi Apostoli che, quantunque fortificati da tanti miracoli e istruiti da tanti discorsi, si erano nondimeno lasciati spaventare dall`atroce Passione del Signore e avevano accettato non senza esitazione la verità della sua Risurrezione, trassero dalla sua Ascensione un tal profitto che tutto ciò che prima costituiva motivo di paura ora diveniva soggetto di gioia. 

Tutta la contemplazione della loro anima li aveva elevati, in effetti, verso la divinità di Colui che sedeva alla destra del Padre; la vista del suo corpo non era piú ormai un ostacolo che potesse attardarli o impedir loro di fissare lo sguardo dello spirito su quella Verità che, scendendo verso di essi, non aveva lasciato il Padre suo, e che, ritornando verso quest`ultimo, non si era allontanata dai suoi discepoli... Esultiamo dunque, carissimi, di una gioia spirituale e, rallegrandoci davanti al Signore in degna azione di grazie, eleviamo liberamente gli sguardi dei nostri cuori verso quelle altezze dove si trova Cristo. Le anime nostre sono chiamate in alto: non le appesantiscano i desideri terrestri; esse sono predestinate all`eternità. Non le accaparrino le cose destinate a perire: esse sono entrate nella via della verità. Non le trattenga un ingannevole fascino; in tal guisa, i fedeli trascorrano il tempo della vita presente sapendo di essere stranieri in viaggio in questa valle del mondo in cui, anche se li lusinga qualche vantaggio, non debbono attaccarvisi colpevolmente, bensí trascenderli con vigore.